I ladini: radici di una tradizione meravigliosa
Fino ai primi decenni del Novecento l’attività principale della Val di Fassa era quella della pastorizia e dell’agricoltura. Perfino nello stemma della Valle ladina è raffigurata l’immagine di un pastore. Le pecore, un tempo patrimonio importante, furono man mano sostituite dalle mucche, ancora oggi risorsa primaria per i contadini del luogo. L’agricoltura invece si sviluppò prima, all’inizio dell’ottocento, grazie alle coltivazioni di patate e fave, di cui sono rimasti i vecchi “faees”, gli antichi tralicci su cui le fave venivano fatte seccare. Anche le rape, le cipolle ed il cavolo facevano parte dell’alimentazione quotidiana fassana; mentre il latte (una volta scremato), veniva trasformato in ottimo formaggio e burro. La carne degli animali, invece, era riservata ai momenti di festa, come matrimoni, ricorrenze religiose o feste importanti per la comunità. Oltre al frumento, veniva coltivata anche la canapa ed il lino per fare tessuti per la casa e per indumenti, come la lana delle pecore lavata e cardata, veniva filata e lavorata a mano. Le donne ladine sono conosciute per la loro grande forza, mentale e fisica. Erano le donne a caricarsi di ogni lavoro domestico ed agricolo, compensando l’assenza dei mariti emigrati nelle regioni vicine per cercare lavoro. L’emigrazione degli uomini era soprattutto stagionale. I ladini di Fassa erano famosi falegnami, carpentieri, muratori e decoratori e spesso si recavano nella valle d’Isarco, in Veneto o anche più lontano, in Austria, Germania e Svizzera. Molto famosi come “pitores”, ossia imbianchini e decoratori, i ladini, come lo si può vedere ancora oggi in moltissime case affrescate con raffigurazioni in cui predominano il blu, il verde ed il rosso, quasi tutti colori rappresentativi della valle o da immagini religiose, erano dei veri artisti e venivano ricercati in tutto il territorio delle Dolomiti per decorare interni o esterni di abitazioni. Un’altra passione dei fassani è quella della musica, coltivata e tramandata grazie alle numerose bande folkloristiche di ogni paese. Anche le giovani ragazze spesso dovevano adattarsi a lavorare altrove come governanti o domestiche. Non era mai facile lasciare la casa di famiglia, la valle, gli affetti, come diceva un proverbio fassano: “la mont più sfadiegola de passar, l’è l’usc de stua”. Anche il lavoro in valle è sempre stato molto e soltanto nei giorni festivi le donne potevano concedersi una breve pausa per raggiungere la chiesa più vicina, altrimenti badavano ai figli, alla casa ed alla terra. Tutto l’anno dei ladini era così scandito da feste agricolo-religiose e molte di queste festività erano accompagnate da fiere o mercati (soprattutto per i paesi di Pera, Campitello e Moena), in cui si potevano vendere animali o oggetti utili per la casa o per la coltivazione della terra. Solo quando incominciò il turismo, molti poterono trovare lavoro in valle; ma il turismo, insieme al benessere, snaturò un po’ l’aspetto della valle, cambiandone per sempre anche la vita famigliare e sociale. Federica Giobbe